Aic Sicilia, Rifiuti Zero Sicilia, Wwf Sicilia e Comitato Beni Comuni e Pubblici Rodotà Sicilia: “allontanare la logica degli inceneritori”

Appello in vista della discussione del Piano Regionale dei Rifiuti

Massimizzare le percentuali di riciclo, allontanare la logica degli inceneritori, ridurre al massimo la produzione dei rifiuti. Sono questi gli obiettivi che la sezione Sicilia dell’Associazione Italiana Compostaggio, assieme a Rifiuti Zero Sicilia, Wwf Sicilia e Comitato Bei Comuni e Pubblici Rodotà Sicilia pone come prioritaria in vista dell’adozione da parte della Regione Sicilia del Piano Regionale dei Rifiuti.

Per AIC Sicilia e le associazioni, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto un appello al presidente Musumeci, le indicazioni regionali devono rifuggire dalla logica 100-65-10 con la quale erroneamente alcuni indicano il calcolo di malintese “necessità di incenerimento”.

“Erroneamente perché – ribadiscono le citate associazioni – anzitutto il 65 per cento è l’obbiettivo minimo di riciclo e perché l’incenerimento non è l’unica opzione di gestione del cosiddetto Rifiuto Urbano Residuo, né l’unico che ne consente la riduzione”.

AIC Sicilia e le associazioni citate sottolineano che vanno progressivamente massimizzate le prestazioni delle filiere del riciclo e che la riconversione ecologica della Sicilia può determinare anche opportunità di creazione di posti di lavoro. Contestano inoltre le scelte di eventuali termoutilizzatori dei quali si è parlato in dichiarazioni fatte dall’assessore regionale Pierobon dopo il via libera dal Comitato tecnico-scientifico Via-Vas al Piano rifiuti della Sicilia che prelude alla discussione nell’Assemblea Regionale Siciliana e all’adozione in giunta regionale.

In particolare Aic Sicilia, considerato che il piano rifiuti regionale dei rifiuti, così come è stato elaborato, prevede un autosufficienza impiantistica per ogni provincia introducendo un concetto di prossimità, ritiene fondamentale incentivare la pratica del trattamento dei rifiuti organici tramite il compostaggio domestico locale e di comunità. In questo modo la parte organica si trasforma in risorsa e si riducono i costi complessivi della filiera, incentivando pratiche virtuose che, aderendo anche a progetti specifici nazionali ed europei, coinvolgono le comunità locali.